Per sintesi e per comodità di lettura si riportano di seguito delle tabelle con l'elenco delle specie di uccelli segnalati per il Parco dell'Oglio Sud. Tabella 7- riepilogo delle specie SPEC
Tabella 8 - riepilogo delle specie segnalate nella Lista Rossa
Tabella 9 - riepilogo delle specie segnalate nella Dir. 79/409
La maggior parte delle specie segnalate nel Parco Oglio e presenti nella varie convenzioni internazionali sono specie di ambienti umidi e, in misura minore, legate ai boschi idrofili ed alle scarpate dei fiumi. Sono quindi questi gli ambienti all'interno del quale il Parco deve favorire e promuovere interventi di rinaturazione e conservazione.
Rispetto al numero di specie di uccelli segnalato per l'Italia (500 specie) nel parco è presente il 26.6% dell'avifauna italiana. Rispetto ai nidificanti il parco ospita il 20.4% delle specie italiane ed il 25.5% delle specie lombarde. Rispetto invece alla check-list della provincia di Cremona (295 specie), sono presenti il 45% delle specie.
Tabella 10 - check list mammiferi
Nella check-list dei mammiferi non si è tenuto conto della segnalazione di topo selvatico a collo giallo Apodemus flavicollis, segnalato per le Bine (Quarenghi, 1983) per l'incertezza della determinazione.
Il numero dei mammiferi terrestri segnalato corrisponde al 23.5% dei mammiferi terrestri italiani, una percentuale bassa ma come indicato più avanti risulta una sottovalutazione per i difetti di indagine per alcuni gruppi in particolare per i chirotteri.
Il lavoro per quanto ricco (174 specie censite) necessita sicuramente di ulteriori approfondimenti in particolare per i mammiferi (sia per i micromammiferi che per i chirotteri). Il numero di specie censite nei diversi gruppi sistematici non ha riservato delle sorprese rispetto al dato atteso, ed è assolutamente in linea con i valori riscontrati in altre aree della pianura padana. In uno dei paragrafi successivi vengono avanzate delle considerazioni sulle specie più significative o da monitorare nei prossimi anni.
Un'interessante indicazione emerge per gli uccelli dal confronto fra il presente lavoro e la precedente check-list redatta da Brichetti nel 1991. Nella attuale lista sono presenti alcune specie non segnalate in precedenza come nidificanti (Airone cenerino, Falco di palude, Nibbio bruno, Gruccione).
Occorre rilevare che la quasi totalità delle specie indicate nella check-list è presente solo o quasi esclusivamente nelle riserve naturali delle Torbiere di Marcaria e Le Bine. L'unica specie di un certo interesse presente al di fuori di queste due aree è il Gruccione con la colonia di Carzaghetto. Infatti, come si sottolinea più avanti, le aree anche di un certo interesse naturalistico presenti nel parco sono eccessivamente ridotte, frammentate e inserite in un contesto territoriale troppo antropizzato per ospitare specie "interessanti". Diverso è il discorso per gli anfibi e rettili che invece per i quali queste piccole aree possono diventare dei rifugi molto importanti ai fini della loro conservazione e per una successiva colonizzazione di ambienti vicini.
Uno dei prossimi passi del Parco potrebbe essere quello di promuovere degli atlanti specifici dell'area protetta in scala adeguata (p. es. utilizzando una maglia di 0.5 oppure 1 Km. di lato). Questi atlanti, nel tempo potranno essere di sicuro aiuto nella programmazione degli interventi gestionali del Parco.
Uno dei gruppi che necessita sicuramente di indagini più approfondite è quello dei mammiferi per i quali si hanno informazioni più frammentarie, che potrebbero essere colmate abbastanza rapidamente ed a costi contenuti con l'analisi delle borre degli strigiformi. A queste, potrebbero poi essere aggiunti per completezza dei campionamenti con trappole e indagini mediante bat-detector. Sempre rimanendo nel gruppo dei mammiferi sarebbe opportuno effettuare delle indagini sulla popolazione di volpe per confutare l'opinione comune che lamenta un'eccessiva presenza del canide. Il discorso potrebbe poi essere allargato anche ai mustelidi.
Rispetto agli anfibi e rettili (ma questo vale poi anche per i micrommiferi) la realizzazione di uno studio mirato, potrebbe consentire l'individuazione, con maggior precisione di quella rete di piccoli ambienti naturali residuali che potrebbero garantire la sopravvivenza di alcune specie (penso per esempio ai tritoni) e gli scambi fra le diverse sub-popolazioni.
All'interno del Parco tra riserve già istituite, aree individuate come futura sede di riserva ed altre aree di interesse naturale sono stati individuati 10 siti (Torbiere di Marcaria, Le Bine, Lanche di Runate e di Gerre Gavazzi, Golena di Sant'Alberto, Canale Bogina, Foce Chiese, Valli di Mosio, Foce Gambara, Foce Oglio, Torbiere di Belforte) che rappresentano la quasi totalità delle zone di interesse naturale presenti nel Parco, anzi alcune di queste, a mio parere, sono state inserite con troppa generosità.
Rispetto agli obiettivi del piano di settore si segnala l'eccessiva esiguità di queste aree per poter assicurare la continuità dei processi ecologici. Si tratta di aree dove gli interventi gestionali devono essere forti e marcati e soprattutto tendere ad un aumento delle spazi di naturalità pena la scomparsa di questi piccoli ambienti.
Per queste aree mancano quasi totalmente studi sulle caratteristiche idrobiologiche delle acque, sulla componente invertebrata e sulla parte floristica, dati di fondamentale importanza per poter individuare correttamente gli interventi.
L'azione del Parco dovrebbe a mio parere incidere oltre che sulle singole aree anche sul ripristino della continuità ecologica del fiume. Per questo ritengo importante la riuscita del progetto DEMOS che consentirà il recupero e la naturalizzazione delle aree demaniali lungo il fiume. A questo importante progetto dovrebbe essere affiancata un'opera di monitoraggio in particolare sulla componente floristica ed invertebrata per valutarne l'andamento nel tempo e la riuscita.
Oltre alle aree indicate al punto precedente si evidenzia la presenza delle lanche situate fra Castelfranco d'Oglio e Carzago, un insieme di piccole zone umide di acqua bassa con presenza di Cannareccione.
Alla luce della check-list si suggerisce il monitoraggio delle seguenti specie:
Oltre queste specie si suggerisce, vista le presenza di aree protette di ridotta estensione, con ambienti frammentati, di favorire la ricerca ed il monitoraggio anche di alcuni gruppi di invertebrati (quali per esempio i carabidi e gli odonati, già oggetto di studio in alcune aree del parco o delle province limitrofe) o di particolari specie di invertebrati: per esempio la Licaena dispar e il Dityscus mutinensis. La prima presente nella Direttiva Habitat ed il secondo endemico della pianura padana. Lo studio degli invertebrati metterebbe sicuramente in risalto le caratteristiche delle piccole aree, consentendo di individuare e definire meglio le strategie di intervento
Per gli anfibi si segnala la presenza in aree vicine (Suzzara) della Rana toro (Rana catasbeiana). Nel Parco dell'Oglio non è ancora stata rilevata ma, data la vicinanza del sito suzzarese, non è da escludere che l'arrivo dell'anfibio in questione possa avvenire in tempi rapidi.
Per i rettili si segnala la presenza della Testuggine dalle orecchie rosse (Trachemys scripta elegans) già presente del resto a Le Bine. Non sono ancora chiari i problemi che possono derivare dalla presenza della testuggine ma ritengo si tratti di una delle specie da monitorare.
Tra gli uccelli non vi sono, al momento, specie esotiche che possono essere oggetto di monitoraggi.
Tra i mammiferi l'unica specie esotica presente è la nutria, già oggetto di un apposito piano di cattura e soppressione.
Rispetto ad altri gruppi non compresi nel disciplinare, segnalo l'esigenza di monitorare la Dreyssena polimorpha, un piccolo mollusco bivalve di origine centroeuropea. Anche in questo caso non sono stati evidenziati problemi particolari; sarebbe però utile conoscere e monitorare la distribuzione del bivalve.
Non previsto dall'incarico ho ritenuto opportuno inserire una breve nota sul recupero degli animali selvatici feriti. Infatti sia per il ruolo di coordinatore della gestione della Riserva Le Bine, sia come "faunista" del Parco sono stato spesso chiamato a recuperare animali selvatici in difficoltà, in particolare uccelli, secondariamente mammiferi (praticamente solo Ricci) e marginalmente rettili (testuggini dalle orecchie rosse).
Gli animali, dopo un esame preliminare e, una reidratazione con acqua e zucchero, sono stati consegnati principalmente al centro recupero della provincia di Cremona e, in misura minore, al gestito dal WWF a Mantova. Tale attività è stata effettuata per lo più dall'obiettore del Parco, oltre che dal sottoscritto e dagli obiettori del WWF Le Bine. E' inevitabile che con l'aumento della visibilità del Parco, delle associazioni ambientaliste locali o dei semplici appassionati (per esempio Luciano Sassi a Isola Dovarese, Emiliano Castellucchio a Canneto) aumenterà il numero di animali consegnati, indipendentemente dalla volontà di questi soggetti e dalle strategie che il Parco adotterà nei confronti del recupero della fauna selvatica, ossia se costituire o meno un proprio centro.
Credo quindi che siano maturi i tempi perchè il Parco si convenzioni con una clinica veterinaria della zona che possa fungere da centro di primo recupero di animali feriti e poi provveda a smistarli verso centri attrezzati. Ritengo inutile e eccessivamente oneroso, realizzare un nuovo centro recupero destinato quasi inevitabilmente a diventare un piccolo pollaio, mentre il Parco, nel rispetto del D.G.R. n. 5/55655 del 27/7/1994 in recepimento dell'art. 6 comma 5 della L.R. 16 agosto 1993, n. 26, potrebbe istituire un centro in grado di svolgere esclusivamente funzioni di primo soccorso e di cura per i casi meno gravi, per poi smistare gli animali a strutture maggiormente attrezzate.
In base a quanto esposto emerge una situazione contraddittoria. Per alcuni aspetti il Parco ospita specie rare con popolazioni di un certo interesse stabilitesi nell'ultimo decennio (p. es. gli ardeidi delle Torbiere di Marcaria) con trend positivi per diverse di loro. D'altro canto lo studio specifico di alcune aree o di alcuni gruppi mostra dei segni di riduzione (p. es. la nitticora nelle Torbiere di Marcaria) o di banalizzazione (p. es. la comunità animale e vegetale di Le Bine) intesi come riduzione o scomparsa di specie di maggior valore a scapito di quelle più diffuse (p. es. airone cenerino). Allo stesso modo il controllo della popolazione di nutria non incide realmente sulla popolazione presente.
Affinché gli sforzi per la tutela e conservazione della natura portino a dei risultati tangibili nel tempo è necessario un maggior coordinamento fra i diversi enti che operano sul territorio e una maggiore attenzione agli studi ed ai monitoraggi delle componenti animali e vegetali per definire l'andamento dei processi naturali in svolgimento. In assenza di tutto ciò credo che gli sforzi e le iniziative intraprese, soprattutto per il contesto molto antropizzato nel quale si trova il Parco, siano destinate ad avere un esito ridotto.